Sin dalle prime fasi della sua storia (tra l’VIII e il II sec. a.C.) Taranto, una delle metropoli della Magna Grecia, si distinse come centro di commerci e traffici marittimi, quale porto inserito nelle grandi rotte del Mediterraneo. Un lungo periodo di decadenza seguì però la conquista della città da parte dei Romani che preferirono altri porti per gestire le loro relazioni commerciali con l’Oriente.
Solo nel tardo Medioevo (XV sec.), sotto il controllo angioino, si avviò un lento processo di recupero delle funzioni portuali, accompagnato da un progetto di ampliamento dello scalo nell’attuale sito del ‘Porto Mercantile’. Nei secoli successivi, tuttavia, l’economia della città non riuscì ad espandersi finché, in epoca napoleonica – e, successivamente, con l’Unità d’Italia, Taranto assunse il ruolo di piazzaforte marittima e vide sorgere, nel bacino del Mar Piccolo, quell’Arsenale Militare che ha rappresentato per anni uno dei capisaldi della Marina Italiana.
Sull’altro litorale della città – il Mar Grande - tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, solo due piccoli moli avevano reso possibili le limitate attività portuali di natura non militare. All’inizio degli anni ’60 la designazione di Taranto come sede di un grande complesso siderurgico determinò una prima grande svolta nelle vicende del porto: per servire l’acciaieria e le attività indotte vennero realizzati e posti in esercizio, nell’arco di un quindicennio, tre grandi sporgenti allineati ad ovest delle strutture preesistenti. Parallelamente veniva costruito, sempre nell’ambito del Mar Grande, un pontile a servizio della istituenda raffineria di petrolio: il porto acquisiva così un carattere eminentemente industriale.
In pochi anni, l’espansione della siderurgia e la previsione di nuove iniziative imprenditoriali stimolarono un progetto di estensione delle strutture portuali al di fuori del Mar Grande: nacque l’idea del porto stellare, successivamente modificato nella struttura ed inserito nel Piano Regolatore Portuale del 1980.